Malati di felicità e allo stesso tempo depressi. Un controsenso? No, una tendenza!
Mentre la società desidera sempre più apparire felice, le statistiche dicono che in realtà siamo depressi, e pure parecchio. A dicembre del 2018 la rivista Elle pubblica un articolo “Happycondria”: la sindrome più diffusa del nuoivo millenio, è apparire felici, SEMPRE e OVUNQUE non solo sui social. Nello stesso mese Il Sole 24 Ore invecce scrive che il costo economico totale dei disordini psichici nei 28 Paesi europei ammonta a oltre 600 miliardi di euro, pari a più del 4% del Pil.
Poi seguono numeri di capogiro dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco):
” tra il 2011 e il 2030 il costo delle malattie mentali in tutto il mondo sarà di oltre 16 trilioni di dollari in termini di mancata produzione (in dollari 2010), più di patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete.
I disturbi mentali, intesi sia come patologie psichiatriche quali ansia, depressione o disturbi bipolari, che neurologici, come Alzheimer e demenze, sono già nei Paesi ad alto reddito la principale causa di perdita di anni di vita per morte prematura e disabilità (17,4%), seguiti dal cancro (15,9%), dalle malattie cardiovascolari (14,8%), dagli infortuni (12.9%) e dalla malattie muscolo-scheletriche (9,2%).
Altri fattori che influenzano l’incidenza della malattia mentale
La disponibilità delle persone a parlarne. Alcuni potrebbero non voler ammettere di avere dei problemi. D’altra parte, le regole per l’accesso a indennità per motivi di salute possono fornire un incentivo per la diagnosi di ansia o depressione.
L’articolo dell’Economist inoltre offre diversi spunti sulla “relazione statistica tra malattia mentale e lo sviluppo economico”, risalendo sino a “Il disagio della civiltà” in cui “Sigmund Freud ha affermato l’idea che la nevrosi sia aumentata in tandem con il profitto.
Prima di Freud, un neurologo americano, George Beard, aveva notato che un disturbo nervoso che aveva etichettato nevrastenia (e altri soprannominato “Americanite”) era in aumento”. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), scrive John Prideaux sull’Economist, indica che la spesa per servizi in salute mentale aumenta in maniera vertiginosa quando il PIL pro capite tocca quota 20.000 dollari.
Più le società sono ricche e maggiori sono le risorse destinate alla diagnosi e al trattamento delle malattie mentali, e al tempo stesso più sono grandi e maggiore è il numero di persone colpite dalle demenze. Questo non perché il progresso economico renda le persone malate. Piuttosto, si deve a una combinazione del profondo effetto che diventare “più ricchi” ha sulla diagnosi e gli standard più stringenti di “comportamento normale” stabilito dai moderni posti di lavoro nel settore dei servizi. Trattare direttamente con i clienti presenta esigenze differenti per il cervello rispetto al lavoro in una fabbrica o nei campi.
Lo scenario prefigurato è quindi quello di una prossima grande “epidemia” sanitaria. “A causa del legame tra sviluppo economico, invecchiamento e malattia mentale – conclude infatti l’Economist – i prossimi decenni rischiano di assomigliare a un età dell’irragionevolezza”. Leggi l’intero articolo qui
Nella classifica dei 156 Paesi più felici al mondo l’Italia è la 47 esima. Questo report analizza la felicità in 156 Paesi del globo partendo da reddito, salute, istruzione, lavoro, stato sociale e aspettativa di vita.
Impariamo quindi che la felicità, ikigai (in giappone iki = vivere e gai = ragione), si raggiunge attraverso la conoscenza di sé stessi e la scoperta di ciò che da senso alla NOSTRA vita.
Scegliere di scoprire ciò che in noi è più autentico significa anche affrontare la paura della felicità (cherofobia) oppure la atelofobia (paura della tristezza).
E’ senz’altro possibile se lo si desidera. Ikigai è anche il senso del benessere olistico o equilibrio di Corpo, Mente e Anima: uno stato di equilibrio che ci permette di concentrarci sull’essenziale eliminando il superfluo per vivere in autenticità ogni momento attraverso tutti i 5 sensi.
Tutti, secondo la cultura giapponese, avrebbero il proprio ikigai. Trovare quale sia la ragione della propria esistenza richiede però una ricerca interiore che può spesso essere lunga e difficile ma ne vale la pena.
Dove iniziare, quando e come, sono cose che di solito succedono senza che nemmeno ci si rende conto.
E non è un fatto strano che l’invito a ribellarsi contro l’apparenza, per ritrovare sé stesi, arrivi dal Giappone. Discipline olistiche come lo Shiatsu, la Moxibustione, Shinrin-Yoku o molte altre discipline nascono proprio tra bonzai e centenari cigliegi in fiore.
La natura e il giardinaggio, la famiglia e i bambini, l’espresioni artistica e le pratiche sportive … l’amore, sono i pilastri dell’ikigai.